Piccolo aiuto in latino...

Spero che questo blog possa esservi utile per tradurre alcune delle "noiose" versioni di latino!
Mi auguro che troverete ciò che fa per voi...
In bocca al lupo!!!

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Curzio Rufo - Historiae Alexandri Magni - Liber III

Curzio Rufo
Historiae Alexandri Magni
Liber III
I - Il nodo di Gordio

[...] Alexander, urbe in dicionem suam redacta, lovis templum intrat. Vehiculum, quo Gordium, Midae patrem, vectum esse constabat, aspexit, cultu haud sane a vilioribus vulgatisque usu abhorrens. Notabile erat iugum adstrictum compluribus nodis in semetipsos implicatis et celantibus nexus. Incolis deinde adfirmantibus editam esse oraculo sortem, Asiae potiturum, qui inexplicabile vinculum solvisset, cupido incessit animo sortis eius explendae. Circa regem erat et Phrygum turba et Macedonum, illa expectatione suspensa, haec sollicita ex temeraria regis fiducia: quippe serie vinculorum ita adstricta, ut, unde nexus inciperet quove se conderet, nec ratione nec visu perspici posset, solvere adgressus iniecerat curam ei ne in omen verteretur inritum inceptum. lile, nequaquam diu luctatus cum latentibus nodis, "Nihil" inquit "interest, quomodo solvantur", gladioque ruptis omnibus loris, oraculi sortem vel elusit vel implevit. [...]

[...] Alessandro, ridotta in suo potere la città, entrò nel tempio di Giove. Vide il carro, con cui si sapeva che si era lasciato trasportare Gordio, padre di Mida, carro che alla vista non era affatto diverso nell’utilizzo da quelli più comuni e normali. Si notava immediatamente il giogo stretto con parecchi nodi avvolti su se stessi che nascondevano però i punti di connessione. Siccome poi gli abitanti dicevano che dall’oracolo era stata fatta la profezia che colui che avesse sciolto quel nodo inestricabile si sarebbe impadronito dell’Asia, gli venne il desiderio di mettere in atto quella predizione. Intorno al re c’era una folla sia di Frigi che di Macedoni, i primi sospesi nell’attesa, i secondi preoccupati per la sicurezza del re che pareva temeraria: infatti, dato che la serie di nodi era talmente stretta che non si riusciva né a capire né a vedere da dove prendesse avvio la connessione o dove andasse a finire, il re cercando di sciogliere i nodi aveva ingenerato in loro la preoccupazione che se il tentativo non fosse riuscito si risolvesse in un cattivo presagio. Quello, senza aver a lungo lottato coi nodi nascosti, disse: "Non ha importanza come vengono sciolti" e, tagliati con la spada tutti i lacci, o eluse o realizzò la predizione dell’oracolo. [...]

III - Gli incubi di Dario

[...] Anxium de instantibus curis agitabant etiam per somnum species imminentium rerum, sive illas aegritudo, sive divinatio animi praesagientis accersit. Castra Alexandri magno ignis fulgore conlucere ei visa sunt, et paulo post Alexander adduci ad ipsum in eo vestis habitu, quo ipse fuisset, equo deinde per Babylona vectus, subito cum ipso equo oculis esse subductus. Ad haec vates varia interpretatione curam distrinxerant. Alii laetum id regi somnium esse dicebant, quod castra hostium arsissent, quod Alexandrum, deposita regia veste, in persico et vulgari habitu perductum ad se vidisset; quidam non: augurabantur quippe inlustria Macedonum castra visa fulgorem Alexandro portendere: quod vel regnum Asiae occupaturus esset, haud ambiguae rei, quoniam in eodem habitu Dareus fuisset, cum appellatus est rex. Vetera quoque omina, ut fere solet, sollicitudo revocaverat. Recensebant enim Dareum in principio imperii vaginam acinacis persicam iussisse mutari in eam forman, qua Graeci uterentur, protinusque Chaldaeos interpretatos imperium Persarum ad eos transiturum quorum arma esset imitatus. [...]

[...] Dario, assillato per le preoccupazioni incombenti era turbato dalla visione dei fatti imminenti anche durante il sonno, sia che fosse l’ansia ad averla provocata, sia che fossero presentimenti del suo animo a presagirglielo. Ebbe l’impressione che il campo di Alessandro fosse rischiarato da un grande bagliore di fuoco e che poco dopo Alessandro fosse portato proprio davanti a lui con indosso l’abbigliamento che lui stesso aveva avuto: poi, andato per la città di Babilonia a cavallo, all’improvviso fosse sparito alla vista insieme col cavallo stesso. Di fronte a questi sogni, gli indovini avevano acuito la sua angoscia dando diverse interpretazioni: alcuni sostenevano che quello per il re era un sogno di buon auspicio, cioè il fatto che il campo nemico si fosse incendiato, perché aveva visto che Alessandro, lasciato l’abbigliamento da re, era stato portato da lui vestito umilmente come un persiano. Altri non erano d’accordo con questa interpretazione: infatti vaticinavano che il campo dei Macedoni che era stato illuminato preannunciava lo splendore di Alessandro; il fatto che avesse avuto indosso quella veste (dimostrava) senza ombra di dubbio che avrebbe conquistato il potere sull’Asia, poiché Dario era stato vestito nello stesso modo, quando fu acclamato re. L’ansia aveva richiamato alla memoria anche antichi presagi, come di solito succede: infatti ripensavano che Dario all’inizio del suo regno aveva ordinato che il fodero della scimitarra persiana fosse cambiato, assumendo quella forma che usavano i Greci e subito i Caldei avevano vaticinato che l’impero persiano sarebbe passato a coloro le cui armi egli avesse imitato. [...]

VII - Marcia di avvicinamento ad Isso

At Dareus nuntio de adversa valitudine eius accepto celeritate, quantam capere tam grave agmen poterat, ad Euphraten contendit inunctoque eo pontibus quinque tamen diebus traiecit exercitum Ciliciam occupare festinans. Iam Alexander viribus corporis receptis ad urbem Solos pervenerat: cuius potitus ducentis talentis multae nomine exactis arci praesidium militum inposuit. Vota deinde pro salute suscepta per ludum atque otium reddens ostendit, quanta fiducia barbaros sperneret: quippe Aesculapio et Minervae ludos celebravit. Spectanti nuntius laetus adfertur Halicarnasso Persass acie a suis esse superatos, Myndios quoque et Caunios et pleraque tractus eius suae facta dicionis. Igitur edito spectaculo ludicro castrisque motis et Pyramo amne ponte iuncto ad urbem Mallum pervenit, inde alteris castris ad oppidum Catabolum. Ibi Parmenio regi occurrit: praemissus erat ad explorandum iter saltus, per quem ad urbem Isson nomine penetrandum erat. Atque ille angustiis eius occupatis et praesidio modico relicto Isson quoque desertam a barbaris ceperat. Inde progressus deturbatis, qui interiora montium obsidebant, praesidiis cuncta firmavit occupatoque itinere, sicut paulo ante dictum est, idem et auctor et nuntius venit. [...]

Ma Dario, ricevuta la notizia della cattiva salute di Alessandro, si diresse al fiume Eufrate con la velocità che poteva consentirgli un esercito tanto impacciato, e, collegatolo con alcuni ponti, fece tuttavia passare l'esercito in cinque giorni, affrettandosi ad occupare la Cilicia. E Alessandro, recuperate ormai le forze del corpo, era giunto alla città di Soli: impossessatosi di questa, dopo aver richiesto duecento talenti di taglio grosso, stabilì un presidio di soldati alla rocca. Quindi, sciolti i voti che aveva fatto per la sua salute, ricambiando con giochi e riposo, dimostrò con quanta fiducia disprezzasse i barbari: poiché celebrò dei giochi in onore di Esculapio e di Minerva. Da Alicarnasso mentre assiste ai giochi gli viene recata la buona notizia che i Persiani sono stati vinti in battaglia dai suoi soldati, che i Mindi e persino i Cauni e la maggior parte del suo paese sono stati posti sotto il suo dominio. Quindi, finito lo spettacolo dei giochi, mosso l'accampamento, e congiunto il fiume Piramo con un ponte, giunse alla città di Mallo, di lì con altre tappe sino alla piazzaforte di Castabalo. Lì Parmenio venne incontro al re: era stato mandato in avanscoperta ad esplorare il percorso del passo attraverso il quale si doveva arrivare alla città di nome Isso. E quello, occupati gli stretti territori di esso e lasciata una modesta difesa, aveva conquistato anche Isso, abbandonata dai barbari. Dopo essere uscito, cacciati i nemici che occupavano l'interno dei monti, fortificò tutti gli accessi e, occupato il percorso, come si è detto poco fa, ritornò allo stesso tempo da autore e da messaggero. [...]

IX

[...] Alexander phalangem, qua nihil apud Macedonas validius erat, in fronte constituit. Dextrum cornu Nicanor, Parmenionis filius, tuebatur: huic proximi stabant Coenos et Perdiccas et Meleager et Ptolomaeus et Amyntas, sui quisque agminis duces. In laevo, quod a mare pertinebat, Craterus et Parmenio erant, sed Craterus Parmenioni parere iussus. Equites ab utroque cornu locati: dextrum Macedones Thessalis adiunctis, laevum Peloponnesii tuebantur. Ante hanc aciem posuerat funditorum manum; Thraces quoque et Cretenses ante agmen ibant, et ipsi leviter armati. At his, qui praemissi a Dareo iugum montis insederant, Agrianos opposuit. [...]

[...] Alessandro sistemò sul fronte una falange, di cui non c'era niente di più forte tra i Macedoni. Nicomore, figlio di Parmenione, controllava l'ala destra dell'esercito. A costui stavano vicinissimi Cena, Perdicca e Meleagro, ciascuno comandante della propria schiera. Cratero e Parmenione stavano sull'ala sinistra che dava verso il mare. La cavalleria fu collocata su entrambe le ali: a destra difendevano i Macedoni, con aggiunti i Tessagli, a sinistra i Peloponnesii. Davanti a questa schiere aveva posto un manipolo di frombolieri; anche i Traci e i Cretesi (e proprio quelli armati più leggeri), andavano davanti l'esercito. E a quelli che, mandati avanti da Dario, avevano occupato la cima di un monte, contrappose gli Agrioni. [...]


X

Iam in conspectu, sed extra teli iactum utraque acies erat, cum priores persae inconditum et trucem sustulere clamorem. [...]

Ormai entrambe le armate erano a vista ma non a portata di freccia, quando le avanguardie Persiane innalzarono un grido di guerra intimidatorio e disordinato. [...]

XI - Nel campo persiano dopo la sconfitta

[...] Sed omnium oculos animosque in semet converterant captivae mater coniuxque Darei: illa non maiestate solum sed etiam aetate venerabilis, haec formae pulchritudine nec illa quidem sorte corruptae; receperat in sinum filium nondum sextum annum aetatis egressum, in spem tantae fortunae, quantam pater eius paulo ante amiserat, genitum. At in gremio anus aviae iacebant adultae virgines duae non suo tantum, sed etiam illius maerore confectae. Ingens circa eam nobilium feminarum turba constiterat laceratis crinibus abscissaque veste, pristini decoris inmemores, reginas dominasque veris quondam, tunc alienis nominibus, invocantes. Illae suae calamitatis oblitae in utro cornu Dareus stetisset, quae fortuna discriminis fuisset, requirebant: negabant se captas, si viveret rex. Sed illum equos subinde mutantem longius fuga abstulerat.In acie autem caesa sunt Persarum peditum C milia, decem equitum; at a parte Alexandri ad quattuor et quingenti saucii fuere, ex peditibus XXX omnino et duo desiderati sunt, equitum centum quinquaginta interfecti: tantulo inpendio ingens victoria stetit!
[...] Avevano attirato lo sguardo e l’attenzione generale su di loro la madre e la moglie di Dario prigioniere: di tutto rispetto l’una non solo per la sua regalità, ma anche per l’età, l’altra per le sua bellezza fisica. Aveva accolto nel suo grembo il figlioletto che non aveva compiuto ancora cinque anni, destinato fin dalla nascita a raccogliere tutta quella straordinaria eredità che suo padre aveva da poco perduta. In seno alla vecchia nonna stavano le due figlie (di Dario) fanciulle in età da marito, angosciate non solo dalla loro pena, ma anche da quella che vedevano in lei. Intorno a loro si era fermata una grande quantità di donne di stirpe illustre, che coi capelli strappati e la veste squarciata non ricordavano più la loro antica dignità ed invocavano le donne regali loro sovrane. Quelle, dimenticando la loro condizione sventurata, chiedevano in quale ala dell’esercito fosse rimasto Dario, quale fosse stato l’esito della battaglia. Dicevano che, se il re era in vita, loro non sarebbero state prese prigioniere. Ma intanto quello, cambiando sempre cavallo, si era portato lontano con la fuga.D'altra parte in campo di battaglia furono uccisi centomila fanti persiani mentre di cavalieri diecimila. Dalla parte di Alessandro invece ci furono cinquecentoquattro feriti, in tutto dei fanti andarono dispersi trentadue ed uccisi centocinquanta cavalieri: così esiguo fu il prezzo che costò una grande vittoria (come quella).

XII - Efestione scambiato per Alessandro

[...] Iamque iustis defunctorum corporibus solutis praemittit ad captivas, qui nuntiarent ipsum venire, inhibitaque comitantium turba tabernaculum cum Hephaestione intrat. Is longe omnium amicorum carissimus erat regi, cum ipso pariter eductus, secretorum omnium arbiter; libertatis quoque in admonendo eo non alius ius maius habebat, quod tamen ita usurpabat ut magis a rege permissum quam vindicatum ab eo videretur: et sicut aetate par erat regi, ita corporis habitu praestabat. Ergo reginae illum esse regem ratae suo more veneratae sunt. Inde ex captivis spadonibus quis Alexander esset monstrantibus, Sisigambis advoluta est pedibus eius ignorationem numquam antea visi regis excusans; quam manu adlevans rex: "Non errasti", inquit, "mater: nam et hic Alexander est". [...]

[...] Dopo aver reso gli onori funebri di rito ai morti, mandò alle prigioniere messi ad annunciare che stava arrivando di persona e, lasciata fuori la folla del suo seguito, entrò nella tenda con Efestione. Questo era di gran lunga l’amico più caro al re, educato alla pari insieme con lui, interessato di tutti i suoi segreti: nessun altro aveva come lui nell’ammonirlo una libertà più ampia, di cui peraltro si avvaleva al punto che sembrava che dal re gli fosse stato concesso più di quanto da lui fosse stato richiesto. E come era pari in età al re, così lo superava in corporatura. Dunque le donne della famiglia reale, credendo che fosse lui il re, gli resero omaggio secondo la loro usanza. Poi al momento in cui gli eunuchi prigionieri indicarono loro chi era il vero Alessandro, Sisigambi si avvinghiò ai suoi piedi scusandosi per non aver riconosciuto il re che prima non aveva mai visto. Il sovrano, facendola alzare con la mano, disse: "Non hai sbagliato, madre: infatti anche lui è Alessandro". [...]

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