Piccolo aiuto in latino...

Spero che questo blog possa esservi utile per tradurre alcune delle "noiose" versioni di latino!
Mi auguro che troverete ciò che fa per voi...
In bocca al lupo!!!

Come trovare le versioni...

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Curzio Rufo - Historiae Alexandri Magni - Liber IV

Curzio Rufo
Historiae Alexandri Magni
Liber IV
VI - Alessandro infierisce contro un eroico nemico
[...] Betim egregia edita pugna multisque vulneribus confectum deseruerunt sui, nec tamen segnius proelium capessebat, lubricis armis suo pariter atque hostium sanguine. Sed cum undique telis peteretur, ad postremum, exhaustis viribus, vivus in potestatem hostium pervenit. Quo adducto, insolenti gaudio iuvenis elatus, alias virtutis etiam in hoste mirator, "Non, ut voluisti", inquit, "morieris, sed, quidquid in captivum inveniri potest, passurum esse te cogita". Ille, non interrito modo, sed contumaci quoque vultu intuens regem, nullam ad minas eius reddidit vocem. Tum Alexander, "Videtisne obstinatum ad tacendum?" inquit, "num genu posuit? Num vocem supplicem misit? Vincam tamen silentium et si nihil aliud, certe gemitu interpellabo". Ira deinde vertit in rabiem iam tum peregrinos ritus nova subeunte fortuna. Per talos enim spirantis lora traiecta sunt religatumque ad currum traxere circa urbem equi gloriante rege, Achillen, a quo genus ipse deduceret, imitatum se esse poena in hostem capienda. [...]
[...] Beti, dopo aver combattuto una pregevole battaglia ed essere stato ferito in più punti, venne abbandonato dai suoi; eppure non affrontava lo scontro con minor alacrità, anche se le sue armi erano difficili da maneggiare per il sangue sia suo che dei nemici. Ma, preso di mira da tutte le parti dalle armi nemiche, alla fine, sfinito fisicamente, cadde da vivo nelle mani degli avversari; e quando gli fu portato davanti, il giovane Alessandro pieno di orgogliosa soddisfazione, lui che in altre occasioni sapeva ammirare il valore anche nel nemico, disse: "Non morirai come avresti voluto, ma preparati all’idea che subirai tutti i supplizi che si possono escogitare contro un nemico". Quello, guardando il re con un’espressione non solo imperturbabile, ma anche arrogante, alle sue minacce non proferì parola. Allora Alessandro aggiunse: "Non vedete come è ostinato nel suo silenzio? Si è forse inginocchiato? Ha forse pronunciato parole supplichevoli? Eppure io riuscirò a sopraffare il suo silenzio e sicuramente, se non altro, a interromperlo con i lamenti". Poi l’ira si trasformò in rabbia, mentre la sua straordinaria fortuna stava già allora lasciando spazio a consuetudini barbare. Infatti, mentre lui era ancora vivo, il re gli fece trapassare i talloni con delle cinghie e per mezzo di quelle dopo averlo fatto legare a un carro lo fece trascinare intorno alla città da dei cavalli, mentre lui si vantava di aver imitato Achille, da cui traeva origine, nel punire un nemico. [...]

XIV - Perorazione di Dario ai suoi soldati

"[...] Ad extrema perventum est. Matrem meam, duas filias, Ochum, in spem huius imperii genitum, principes, illam sobolem regiae stirpis, duces vestros reorum instar vinctos habet: nisi quid in vobis, ipse ego maiore mei parte captivus sum. Eripite viscera mea ex vinculis, restituite mihi pignora pro quibus ipsi mori non recusatis, parentem, liberos; nam coniugem in illo carcere amisi. Credite nunc omnes hos tendere ad vos manus, inplorare patrios deos, opem vestram, misericordiam, fidem exposcere, ut compedibus, ut servitute, ut precario victu ipsos liberetis. An creditis aequo animo iis servire, quorum reges esse fastidiunt? Video admoveri hostium aciem, sed quo propius discrimen accedo, hoc minus iis quae dixi possum esse contentus. Per ego vos deos patrios, aeternumque ignem qui praefertur altaribus, fulgoremque Solis intra fines regni mei orientis, per aeternam memoriam Cyri, qui ademptum Meis Lydisque imperium primus in Persidem intulit, vindicate ab ultimo dedecore nomen gentemque Persarum. Ite alacres et spiritus pleni, ut, quam gloriam accepistis a maioribus vestris, posteris relinquatis. In dextris vestris iam libertatem, opem, spem futuri temporis geritis. Effugit mortem, quisquis contempserit; timidissimum quemque consequitur. Ipse non patrio more solum, sed etiam, ut conspici possim, curru vehor, nec recuso quo minus imitemini me, sive fortitudinis exemplum, sive ignaviae fuero."

"[...] Si è arrivati alla rovina. (Alessandro) ha mia madre, due figlie, Oco, nato per la speranza di questo impero, i principi, celebre discendenza di stirpe reale, i vostri comandanti prigionieri come criminali: se non fosse perché è riposta qualche risorsa in voi, io sono prigioniero per la maggior parte di me stesso. Liberate le mie viscere dai vincoli, restituitemi gli ostaggi, per i quali voi stessi non esitate a morire, il genitore, i figli: infatti persi la moglie in quella prigione. Credete ora che tutti vi tendano le mani, invochino gli dei patrii, implorino il vostro aiuto, pietà, fiducia, perché li liberiate dai vincoli, dalla servitù e dal vitto precario. O forse credete che facciano con serenità da servi a coloro dei quali disdegnano di essere re? Vedo che viene avvicinata la schiera dei nemici, ma quanto più mi avvicino al momento decisivo, tanto meno, per le cose che ho detto, vedo di poter essere contento. Dunque, nel nome degli dei patrii, dell'eterno fuoco che viene portato agli altari, dello splendore del sole che sorge fra i territori del mio regno, dell'eterna memoria di Ciro, che per primo portò in Persia il regno portato via ai Medi e ai Lidi, sottraete all'estremo disonore il nome e il popolo dei Persiani. Andate pronti e pieni di spirito a lasciare ai posteri la gloria che avete ricevuto dai vostri antenati. Nelle vostre destre già portate la libertà, l'aiuto, la speranza di un tempo futuro. Sfugge alla morte chiunque la disprezzi; essa segue tutti i più paurosi. Io stesso non solo per usanza patria, ma anche per poter farmi vedere, vengo trasportato dal carro, e non rifiuto che mi imitiate, sia che diventi un esempio di forza sia di viltà."

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