Piccolo aiuto in latino...

Spero che questo blog possa esservi utile per tradurre alcune delle "noiose" versioni di latino!
Mi auguro che troverete ciò che fa per voi...
In bocca al lupo!!!

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Giustino - Epitomi

Giustino - Epitomi

Liber I
VIII - La morte di Ciro

Cyrus subacta Asia et universo Oriente in potestatem redacto Scythis bellum infert. Erat eo tempore regina Scytharum Tamyris, quae non muliebriter adventu hostium territa, cum prohibere eos transitu Araxis fluminis posset, transire permisit, et sibi faciliorem pugnam intra regni sui terminos rata et hostibus obiectu fluminis fugam difficiliorem. Itaque Cyrus traiectis copiis, cum aliquantisper in Scythiam processisset, castra metatus est. Dein postera die simulato metu, quasi refugiens castra deseruisset, ita vini adfatim et ea, quae epulis erant necessaria, reliquit. Quod cum nuntiatum reginae esset, adulescentulum filium ad insequendum eum cum tertia parte copiarum mittit. Cum ventum ad castra Cyri esset, ignarus rei militaris adulescens, veluti ad epulas, non ad proelium venisset, omissis hostibus insuetos barbaros vino se onerare patitur, priusque Scythae ebrietate quam bello vincuntur. [...]

Ciro, re dei Persiani, sottomessa l'Asia e ridotto in suo potere tutto l'Oriente indisse una guerra contro gli Sciti. In quel tempo regina degli Sciti era Tamira, che, per nulla spaventata, alla maniera delle donne, dall'arrivo dei nemici, sebbene potesse proibire loro il guado del fiume Oasse, glielo permise, avendo pensato sia che sarebbe stata più agevole per gli Sciti una battaglia entro i confini del suo regno, sia che la fuga sarebbe stata più difficile per i nemici per l'ostacolo del fiume. Pertanto Ciro, portate le truppe al di là del fiume e, dopo essersi inoltrato per un po' in Scizia, pose l'accampamento. Quindi il giorno seguente, simulata la paura, come se si stesse ritirando fece abbandonare l'accampamento, abbandonò così vini in abbondanza e ciò che era necessario per un banchetto. Dopo che ciò fu riferito alla regina, ella inviò il figlio con la terza parte delle truppe ad inseguire il re. Quando il ragazzo giunse nell'accampamento di Ciro, ignaro della tattica militare, permise ai suoi soldati, indotti dalla voluttà e dimentichi dei nemici, di ubriacarsi, come se fossero venuti ad un banchetto, non ad una battaglia, (e così) gli Sciti sono vinti prima dall'ubriachezza che dalla guerra. Infatti, saputo ciò Ciro ritornò durante la notte, assaltò improvvisamente gli ubriachi e uccise tutti gli Sciti, compreso il figlio della regina. [...]
Liber II
II - Costumi degli Sciti

Scythia autem in orientem porrecta includitur ab uno latere Ponto, ab altero montibus Riphaeis, a tergo Asia et Phasi flumine. Multum in longitudinem et latitudinem patet. Hominibus inter se nulli fines. Neque enim agrum exercent, nec domus illis ulla aut tectum aut sedes est, armenta et pecora semper pascentibus et per incultas solitudines errare solitis. Uxores liberosque secum in plaustris vehunt, quibus coriis imbrium hiemisque causa tectis pro domibus utuntur. Iustitia gentis ingeniis culta, non legibus. Nullum scelus apud eos furto gravius: quippe sine tecti munimento pecora et armenta habentibus quid inter silvas superesset, si furari liceret? Aurum et argentum non perinde ac reliqui mortales adpetunt. Lacte et melle vescuntur. Lanae his usus ac vestium ignotus et quamquam continuis frigoribus urantur, pellibus tamen ferinis ac murinis utuntur. [...]

La Scozia, allungata verso Oriente, è delimitata da un lato dal Ponto, dall'altro dai monti Ripei, a tergo dall'Asia e dal fiume Fasi. Di molto s’estende in longitudine e in latitudine. Per gli uomini non esistono confini tra di loro. Infatti, non coltivano campi, né possiedono alcuna casa o dimora fissa, ma, dediti costantemente alla pastorizia ed all'allevamento, sono soliti spostarsi attraverso incolte radure. Trascinano insieme con sé mogli e figli su dei carri, che ricoprono con pelle animale per ripararsi dalle piogge e dal freddo invernale, a mo' di rifugio. La giustizia (è) rispettata per carattere del popolo, non per mezzo di leggi. Per loro, non c'è reato più grave del furto: infatti, se rubare fosse lecito, che cosa rimarrebbe a chi non possiede greggi e armenti ed è senza dimora e riparo? Non bramano l'oro e l'argento come gli altri mortali. Si nutrono di latte e miele. Per questi è ignoto l'abbigliamento di lana, benché soffrano freddi assidui; si vestono, invece, con pelli di fiere e piccoli animali. [...]

Liber III
III - L'ordinamento della legislazione spartana di Licurgo

Administrationem rei publicae per ordines divisit: regibus potestatem bellorum, magistratibus iudicia et annuos successores, senatui custodiam legum, populo sublegendi senatum vel creandi quos vellet magistratus potestatem permisit. Fundos omnium aequaliter inter omnes divisit, ut aequata patrimonia neminem potentiorem altero redderent. Convivari omnes publice iussit, ne cuius divitiae vel luxuria in occulto essent. Iuvenibus non amplius una veste uti toto anno permissum, nec quemquam cultius quam alterum progredi ne epulari opulentius, ne imitatio in luxuriam verteretur. Pueros puberes non in forum, sed in agrum deduci praecepit, ut primos annos non in luxuria, sed in opere et in laboribus agerent. Nihil eos somni causa substernere et vitam sine pulmento degere neque prius in urbem redire, quam viri facti essent, statuit. Virgines sine dote nubere iussit, ut uxores eligerentur, non pecuniae, severiusque matrimonia sua viri coercerent, cum nullis frenis dotis tenerentur. [...]

Divise l'amministrazione dello stato per gradi: permise ai re la potestà delle guerre, ai magistrati la giustizia e i successori annui, al senato la custodia delle leggi, al popolo di nominare il senato o di creare, coloro che voleva, in potere della magistratura. Divise ugualmente i fondi di tutti fra tutti, affinché un'uguale suddivisione dei patrimoni non rendesse qualcuno più potente dell'altro. Ordinò che tutti banchettassero a pubbliche spese, affinché la cui ricchezza e la lussuria fossero nascoste. Permise, alla gioventù, non più di una veste da usare per tutto l'anno, né che qualcuno procedesse più colto dell'altro, né che la finzione fosse mutata in lussuria. Stabilì che i bambini adolescenti fossero condotti non nel foro ma nel campo affinché trascorressero i primi anni non nella lussuria ma nell'attività e nei lavori. Decise che niente li sottomettesse a causa della pigrizia, che vivessero senza mangiare carne e che non ritornassero in città senza essere diventati uomini. Ordinò che le vergini senza dote si sposassero, perché venissero scelte le spose, e non i patrimoni, e perché gli uomini tenessero i loro matrimoni con maggiore severità poiché non erano costretti dalla dote. [...]

Liber XXIII
I - Il popolo dei Bruzi

[...] Tanta feritas animorum erat, ut nec origini suae parcerent. Namque Lucani isdem legibus liberos suos quibus et Spartani instituere soliti erant. Quippe ab initio pubertatis in silvis inter pastores habebantur sine ministerio servili, sine veste, quam induerent vel cui incubarent, ut a primis annis duritiae parsimoniaeque sine ullo usu urbis adsuescerent. [...] Primum illis cum Lucanis, originis suae auctoribus, bellum fuit, qua victoria erecti cum pacem aequo iure fecissent, ceteros finitimos armis subegerunt tantasque opes brevi consecuti sunt, ut perniciosi etiam regibus haberentur. Denique Alexander, rex Epiri, cum in auxilium Graecarum civitatium cum magno exercitu in Italiam venisset, cum omnibus copiis ab his deletus est. Quare feritas eorum successu felicitatis incensa diu terribilis finitimis fuit. Ad postremum inploratus Agathocles spe ampliandi regni a Sicilia in Italiam traiecit.

[...] Tanta era la ferocia del loro carattere che non avevano riguardo neppure della loro stirpe. Vediamo perché. I Lucani erano soliti educare i loro figli con le stesse regole con cui li educavano anche gli Spartani. Infatti, fin dalla prima pubertà essi erano tenuti nei boschi in mezzo ai pastori senza l’assistenza della servitù, senza vesti da indossare o coperte su cui dormire, per abituarsi fin dai primi anni di vita alla resistenza fisica e alla frugalità, lontani dalle comodità cittadine. [...] In un primo tempo fecero guerra ai Lucani, fondatori della loro stirpe, e, preso vigore da questa vittoria, stipulata una pace a condizioni eque, sottomisero colle armi tutti gli altri popoli confinanti e raggiunsero in breve tempo tanta potenza da essere ritenuti pericolosi anche per i re. Alla fine Alessandro, re dell’Epiro, venuto in Italia con un grande esercito per aiutare le città della Magna Grecia, venne da loro sbaragliato con tutte le armate. Perciò, la loro ferocia, esaltata dal successo, incusse a lungo terrore ai popoli vicini. Alla fine Agatocle dietro loro richiesta insistente passò dalla Sicilia in Italia con la speranza di espandere il suo dominio.

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