Piccolo aiuto in latino...

Spero che questo blog possa esservi utile per tradurre alcune delle "noiose" versioni di latino!
Mi auguro che troverete ciò che fa per voi...
In bocca al lupo!!!

Come trovare le versioni...

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Igino - Fabulae

Igino - Fabulae

II - Prometeo

Homines antea ab immortalibus ignem petebant neque in perpetuum servare sciebant; quod postea Prometheus in ferula detulit in terras, hominibusque monstravit quomodo cinere obrutum servarent. Ob hanc rem Mercurius Iovis iussu deligavit eum in monte Caucaso ad saxum clavis ferreis et aquilam apposuit, quae cor eius exesset; quantum die ederat, tantum nocte crescebat. Hanc aquilam post XXX annos Hercules interfecit eumque liberavit.

Prima gli uomini chiedevano agli dei il fuoco e non sapevano conservarlo in eterno; poi Prometeo lo portò su un bastone per le terre e mostrò agli uomini come conservare la cenere seppellita. Per questo fatto Mercurio, per ordine di Giove, lo legò ad un sasso sul monte Caucaso con un chiodo di ferro e collocò un'aquila che gli divorasse il cuore; quanto la bestia ogni giorno divorava, tanto ricresceva la notte. Dopo trent'anni Ercole uccise quest'aquila e lo liberò.


III - Fetonte

Phaethon Solis et Clymenes filius cum clam patris currum conscendisset et altius a terra esset elatus, prae timore decidit in flumen Eridanum. Hunc Iuppiter cum fulmine percussisset, omnia ardere coeperunt. Iovis ut omne genus mortalium cum causa interficeret, simulavit se velle extinguere; amnes undique irrigavit omneque genus mortalium interiit praeter Pyrrham et Deucalionem. At sorores Phaethontis, quod equos iniussu patris iunxerant, in arbores populos commutatae sunt.

Fetonte, figlio del Sole e di Climene, poiché di nascosto salì sul carro del padre e fu sollevato parecchio in alto dalla terra, per la paura cadde nel grande fiume Eridano. Dopo che Giove lo colpì con un fulmine, tutto cominciò a bruciare. Giove, per uccidere con un pretesto ogni stirpe dei mortali, fece finta di volerlo spegnere; irrigò i fiumi da ogni parte e ogni stirpe dei mortali incontrò la morte, tranne Pirra e Deucalione. Ma le sorelle di Fetonte, poiché avevano congiunto i cavalli contro la volontà del padre, furono trasformate in pioppi.


VII - Io

Ex Inacho et Argia Io. Hanc Iuppiter dilectam compressit et in vaccae figuram convertit, ne Iuno eam cognosceret. Id Iuno cum rescivit, Argum, cui undique oculi refulgebant, custodem ei misit; hunc Mercurius Iovis iussu interfecit. At Iuno formidinem ei misit, cuius timore exagitatam coegit eam, ut se in mare praecipitaret, quod mare Ionium est appellatum. Inde in Scythiam tranavit, unde Bosporum fines sunt dictae. Inde in Aegyptum, ubi parit Epaphum. Iovis cum sciret suapte propter opera tot eam aerumnas tulisse, formam suam ei propriam restituit deamque Aegyptiorum eam fecit, quae Isis nuncupatur.

Io (fu generata) da Inaco e Argia. Giove, amatala, la nascose e la trasformò in mucca, affinché Giunone non la riconoscesse. Quando Giunone lo venne a sapere, le mandò come custode Argo, a cui gli occhi risplendevano dappertutto; Mercurio lo uccise per ordine di Giove. Ma Giunone le inviò uno spauracchio, e turbatala con la paura di questo, la costrinse a gettarsi in mare, che fu chiamato mar Ionio. In seguito attraversò a nuoto la Scizia, da dove sono fissati i confini del Bosforo. In seguito (giunse) in Egitto, dove partorì Epafo. Giove, saputo che a causa delle sue azioni lei aveva sopportato tante fatiche, le restituì il suo proprio aspetto e la fece dea dell'Egitto, e fu chiamata Iside


XVII - Icario e Erigone

Cum Liber pater ad homines esset profectus, ut suorum fructuum suavitatem atque iucunditatem ostenderet, ad Icarium et Erigonam in hospitium liberale devenit. Iis utrem plenum vini muneri dedit iussitque, ut in reliquas terras propagarent. Icarius plaustro onerato cum Erigone filia et cane Maera in terram Atticam ad pastores devenit et genus suavitatis ostendit. Pastores cum immoderatius biberent, ebrii facti conciderunt; qui arbitrantes Icarium sibi malum medicamentum dedisse fustibus eum interfecerunt. Icarium autem occisum canis ululans Maera Erigonae monstravit, ubi pater insepultus iaceret; quo cum venisset, super corpus parentis in arbore suspendio se necavit. Ob quod factum Liber pater iratus Atheniensium filias simili poena afflixit. De ea re ab Apolline responsum petierunt, quibus responsum est, quod Icarii et Erigones mortem neglexissent. Quo responso de pastoribus supplicium sumpserunt et Erigonae diem festum oscillationis pestilentiae causa instituerunt et ut per vindemiam de frugibus Icario et Erigonae primum delibarent. Qui deorum voluntate in astrorum numerum sunt relati; Erigone signum Virginis, quam nos Iustitiam appellamus, Icarius Arcturus in sideribus est dictus, canis autem Maera Canicula.

Essendo il padre Libero disceso sulla terra per mostrare la soavità e la gaiezza dei suoi frutti, scese in generosa ospitalità da Icario ed Erigone. A questi diede in dono un otre pieno di vino e ordinò che fosse diffuso in tutte le altre terre. Icario, riempito il carro, venne dai pastori in terra d’Attica con la figlia Erigone e il cane Maera e mostrò quel tipo di dolcezza. I pastori, avendo bevuto senza moderazione, resi ubriachi caddero; e questi, ritenendo che Icario aveva dato loro una cattiva medicina, lo uccisero con dei bastoni. Poi, morto Icario, Il cane Maera mostrò ululando a Erigone dove il padre giaceva insepolto; e venuta lì, si uccise impiccandosi sull'albero sopra il corpo del genitore. Adirato per questo fatto, il padre Libero afflisse una pena simile alle figlie degli Ateniesi. Chiesero ad Apollo un responso circa questo fatto, e fu loro risposto che avevano trascurato la morte di Icario e Erigone. E risposto questo, affinché l’ira del dio fosse placata, si assumono (di far scontare) la pena ai pastori e istituirono il giorno di festa dell'altalena per la (fine) della pestilenza, e per offrire per primi a Icario e Erigone i frutti durante la vendemmia. E questi furono assunti per volontà degli dei nel numero degli astri; e a Erigone fu dedicato il segno della Vergine, che noi chiamiamo la Giustizia, a Icario Arturo tra le stelle e al cane Maera la Canicola.


XXXVI - Deianira

Deianira Oenei filia Herculis uxor cum vidit Iolen virginem captivam eximiae formae esse adductam verita est, ne se coniugio privaret. Itaque memor Nessi praecepti vestem tinctam centauri sanguine, Herculi qui ferret, nomine Licham famulum misit. Inde paulum, quod in terra deciderat et id sol attigit, ardere coepit. Quod Deianira ut vidit, aliter esse ac Nessus dixerat intellexit, et qui revocaret eum, cui vestem dederat, misit. Quam Hercules iam induerat statimque flagrare coepit; qui cum se in flumen coniecisset, ut ardorem extingueret, maior flamma exibat; demere autem cum vellet, viscera sequebantur. Tunc Hercules Licham, qui vestem attulerat, rotatum in mare iaculatus est, qui quo loco cecidit, petra nata est, quae Lichas appellatur. Tunc dicitur Philoctetes Poeantis filius pyram in monte Oetaeo construxisse Herculi, eumque ascendisse immortalitatem. Ob id beneficium Philocteti Hercules arcus et sagittas donavit. Deianira autem ob factum Herculis ipsa se interfecit.

Deianira, figlia di Oneo, moglie di Ercole, vedendo che portava con sé come prigioniera Iole dalla straordinaria bellezza, temette di essere privata del marito. Quindi memore degli insegnamenti di Nesso, mandò un servo, di nome Lica, a portare ad Ercole una veste tinta del sangue del centauro. Quindi poco dopo che era caduto per terra cominciò a bruciare; quando Deianira vide ciò, capì che le cose erano diverse da quanto Nesso aveva detto: perciò mandò qualcuno a richiamare colui al quale aveva dato la veste. Ma Ercole l'aveva già indossata e subito cominciò a bruciare. E questo essendosi gettato nel fiume per spegnere la fiamma, il fuoco diventava più grande. Allora Ercole scagliò in mare Lica, che gli aveva portato la veste dopo averlo fatto roteare, e nel luogo in cui questo cadde nacque uno scoglio che è chiamato Lica. Si dice allora che Filottete, figlio di Peonte, costruì una pira per Ercole sul monte Erco e che quello vi abbia conseguito l'immortalità. Per questo beneficio Ercole donò l'arco e le frecce a Filottete. Inoltre Deianira, per il fatto di Ercole, si uccise.


XLII - Teseo contro il Minotauro

Theseus posteaquam Cretam venit ab Ariadne Minois filia est adamatus adeo, ut fratrem proderet et hospitem servaret; ea enim Theseo monstravit labyrinthi exitum quo Theseus cum introisset et Minotaurum interfecisset Ariadnes monitu licium revolvendo foras est egressus eamque, quod fidem ei dederat, in coniugio secum habiturus avexit.

Teseo, dopo che venne a Creta, fu amato dalla figlia di Minosse, Arianna, a tal punto che tradì il fratello e salvò l'ospite; lei, infatti, mostrò a Teseo l'uscita del labirinto, per mezzo della quale Teseo, dopo che era entrato e aveva ucciso il minotauro, uscì fuori grazie al consiglio di Arianna arrotolando indietro uno spago e, poiché aveva posto fiducia in lei, la portò con se avendo intenzione di prenderla in sposa.


LXIII - Il giudizio di Paride

Iovis cum Thetis Peleo nuberet, ad epulum dicitur omnis deos convocasse excepta Eride, id est Discordia, quae cum postea supervenisset nec admitteretur ad epulum, ab ianua misit in medium malum, dicit, quae esset formosissima, attolleret. Iuno Venus Minerva formam sibi vindicare coeperunt, inter quas magna discordia orta, Iovis imperat Mercurio, ut deducat eas in Ida monte ad Alexandrum Paridem eumque iubeat iudicare. Cui Iuno, si secundum se iudicasset, pollicita est in omnibus terris eum regnaturum, divitem praeter ceteros praestaturum; Minerva, si inde victrix discederet, fortissimum inter mortales futurum et omni artificio scium; Venus autem Helenam Tyndarei filiam formosissimam omnium mulierum se in coniugium dare promisit. Paris donum posterius prioribus anteposuit Veneremque pulcherrimam esse iudicavit; ob id Iuno et Minerva Troianis fuerunt infestae. Alexander Veneris impulsu Helenam a Lacedaemone ab hospite Menelao Troiam abduxit eamque in coniugio habuit cum ancillis duabus Aethra et Thisadie, quas Castor et Pollux captivas ei assignarant, aliquando reginas.

Si dice che Giove, quando Teti si sposò con Peleo, ebbe convocato tutti gli dei al banchetto, eccetto Eride, cioè la Discordia, che, dopo che era sopraggiunta e non era stata ammessa al banchetto, dalle porte gettò in mezzo alla stanza una mela, e dice che l'avrebbe presa colei che fosse la più bella. Giunone, Venere e Minerva incominciarono a rivendicare per sé la bellezza e, cresciuta fra loro una grande rivalità, Giove ordina a Mercurio di condurle sul monte Ida da Alessandro Paride e di ordinargli di giudicarle. E a questo (a Paride) Giunone promise che, se avesse giudicato in suo favore, avrebbe regnato su tutte le terre, e che sarebbe stato il più ricco di tutti; Minerva, se fosse riuscita vincitrice, (promise) che sarebbe stato il più forte tra tutti gli uomini e esperto in tutte le arti; Venere, invece, promise di dare in sposa Elena, la figlia di Tindaro, la più bella di tutte le donne. Paride preferì l'ultimo dono ai precedenti e Venere fu giudicata la più bella; per questo Giunone e Minerva furono ostili ai troiani. Per istigazione di Venere, Alessandro portò Elena da Sparta, (dove era) ospite di Menelao, a Troia, e la sposò con due serve, Etra e Tiside, che Castore e Polluce gli avevano dato come schiave, (e sarebbero diventate) un giorno regine.


LXVIII - Achille

Thetis Nereis cum sciret Achillem filium suum, quem ex Peleo habebat, si ad Troiam expugnandam isset, periturum, commendavit eum in insulam Scyron ad Lycomedem regem, quem ille inter virgines filias habitu femineo servabat nomine mutato; nam virgines Pyrrham nominarunt, quoniam capillis flavis fuit et Graece rufum "pyrrhon" dicitur. Achivi autem cum rescissent ibi eum occultari, ad regem Lycomeden oratores miserunt, qui rogarent, ut eum adiutorium Danais mitteret. Rex cum negaret apud se esse, potestatem eis fecit, ut in regia quaererent. Qui cum intellegere non possent, quis esset eorum, Ulixes in regio vestibulo munera feminea posuit, in quibus clipeum et hastam, et subito tubicinem iussit canere armorumque crepitum et clamorem fieri iussit. Achilles hostem arbitrans adesse vestem muliebrem dilaniavit atque clipeum et hastam arripuit. Ex hoc est cognitus suasque operas Argivis promisit et milites Myrmidones.

Teti Nereide, sapendo che Achille, suo figlio che aveva avuto da Peleo, se fosse andato ad espugnare Troia, sarebbe morto, lo affidò nell'isola di Sciro al re Licomede, che custodiva tra le figlie vergini, con un abito femminile, sotto falso nome; infatti, le vergini (lo) chiamarono Pirra, poiché fu di capelli rossi, e in Greco rosso si dice "pyrrhon". Gli Achei, invece, venendo a sapere che lui era nascosto lì, mandarono degli oratori dal re Licomede, per chiedere che lo mandasse in aiuto ai Danai. Poiché il re negò che l’adolescente stesse da lui, col suo potere fece in modo che domandassero nella reggia. E questi, non potendo capire quale di loro fosse (Achille), Ulisse pose nel vestibolo regio doni femminili tra i quali uno scudo e un’asta, e subito ordinò al trombettiere di suonare e che fosse alzato un grido e un fragore di armi. Allora, Achille, pensando che il nemico fosse vicino, si strappò la veste femminile e afferrò lo scudo e l’asta. Da questo fu riconosciuto, promise agli Argivi il suo servizio e i soldati Mirmidoni.

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